STORIE DA OSTERIA


Racconti da osteria. «tin tin». Un brindisi, uno sguardo negli occhi fra persone amiche, mentre nel bicchiere, gira in una lenta danza, un liquido paglierino, dai tratti alle volte ambrati e profumi d’antico si mischiano alla fragranza del legno che avvolge questo locale. Sapori d’un tempo, risate, che colorano l’aria di una calorosa compagnia, profondi silenzi di meditazione dove il pensiero si perde dentro quel bicchiere, avvolto d’aroma duro e dal carattere sincero della stube. Confini, paesi sperduti laddove il sudore e la fatica della gente restano storie, solo storie nelle fredde pagine di un libro di storia. Ah la storia, la storia di Roma, la storia della nostra Nazione, ma una domanda. La nostra storia che fine ha fatto? La storia di noi di confine, dov’è finita? La storia di noi di confine è stata confinata qui, fra le nostre montagne fra i nostri ruscelli, fra la nostra gente. Nel profumo assaporo nuovamente momenti di gioventù, sento lo schioppettio del legno vecchio nell'antico focolare, vedo la luce ombreggiare nella cucina e mio nonno, curvo sotto il peso di una vita vissuta per questa storia, per questa Nazione. Lui. Sì.
Lui che era uomo di confine, lui che girando di poco la testa e incrociando il mio sguardo giovane, curioso e pieno di sogni, con voce tremolante mi racconta della sua gioventù, della sua guerra, della sua storia di confine. Mi racconta di Barbe Prusie, mi racconta di mio zio, anche lui uomo di confine, confinato al di là di questo, nella lontana Russia, per l’unità di una Nazione, ma…nel mentre lui mi racconta questo io mi domando, dov’è finita la nostra storia? La storia di noi di confine, dov'è finita? La storia di noi di confine è stata confinata qui, fra le nostre montagne fra i nostri ruscelli, fra la nostra gente ed a mio nonno scese una lacrima. Il discorso si interruppe, sulla lacrima di un uomo di confine. Guardo l’orizzonte e scorgo le montagne, so che al di la di queste ci sono altri confini, ci sono altri fratelli. E’ su questo pensiero, che sento il grido dell’aquila trasvolare lassù nel cielo, sento un grido di speranza, un grido di fratellanza, lassù dove non esistono confini, dove lo sguardo non percepisce più il limite dell’orizzonte. Una pacca sulla spalla, sorseggio il mio vino, assaporo l’amaro della genziana, saluto gli amici e torno sulla strada, su quella strada di un paese di confine

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