EBREZZA BACHIANA

«È dentro quel liquido che ci si affoga e nel quale si vogliono annebbiare i pensieri. Lo si giudica malefico ed ingrato anche se ti è amico e confidente silenzioso.
Uditore attento delle tue vagheggiati dissertazioni scevre da ogni pudore.

La lingua un poco pensante dall'indolenza dell'ebbro, rimesta nell'aria il suono dei pensieri esuli fra la grigia nebbia nel tu raziocinio.

Quanta gioia senti scendere nelle viscere d'uomo sfinito negli ideali, rabbioso nel nervo a cui l'olio di tempra per i suoi affaticati muscoli non fiorisce in nuova energia.

Da questo altare l'orizzonte ondeggia. M'è sicura colonna la ruvida pelle d'un albero di cui non conosco il nome e lui il mio.
Sorregge il mio corpo mentre il domani prospetta le esequie d'una realtà che sentivo essermi compagna del mio cammino, per lasciar il passo a quel che giunge e calpesta la selce innanzi allo sguardo mio e dalla punta del suo pugnale scivola sull'orma appena segnata il suggello del mio sangue.»

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